Il Novecento è stato un secolo carico di cambiamenti sociali e di avvenimenti storici, le cui tracce sono racchiuse negli scatti dei più grandi e influenti fotografi della nostra epoca. Ognuno di loro, a suo modo e con un linguaggio proprio, è stato in grado di attribuire un valore ben preciso alla sua opera artistica, soffermandosi chi sui volti, chi sugli eventi di guerra per dare forma a un preciso momento storico, soggetto umano o elemento naturale attraverso due strumenti: il viaggio e la macchina fotografica.
“Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino”
Robert Capa
Robert Capa è senza dubbio uno dei più importanti artisti della storia della fotografia di guerra. Nel corso della sua carriera ha documentato ben cinque diversi conflitti, dalla Guerra Civile Spagnola della seconda metà degli anni Trenta fino alla prima guerra dell’Indocina del 1954.
Insieme a Henri Cartier-Bresson e altri fotografi del tempo ha dato vita nel 1947 alla celebre agenzia fotografica Magnum, prima di perdere la vita a causa di una mina in territorio vietnamita. Le sue immagini, colme di sofferenza, morte e dolore, lo hanno reso il più celebre fotografo di guerra mai conosciuto.
“L’occhio del secolo”
È con questo eloquente soprannome che viene celebrato Henri Cartier-Bresson. Nei suoi scatti, che racchiudono l’intera essenza del Novecento, vengono impressi momenti di vita quotidiana colti con un minuzioso tempismo. Lo stile surrealista che caratterizza tutte le sue prime opere, muta nel tempo in un più concreto fotogiornalismo, grazie a lui elevato finalmente a vera forma espressiva artistica.
La potenza del reportage fotografico
Il reportage tramite immagini assume una forma differente grazie a Sebastiao Salgado. A partire dagli anni Settanta, nella carriera dell’artista brasiliano descritto come un “fotoreporter umanista e sociale”, si sono susseguite le narrazioni fotografiche più svariate, dalla siccità e dalle guerre che affliggono i Paesi africani alla rivoluzione in Portogallo. La sua più celebre opera, “La mano dell’uomo”, è un accurato racconto del passaggio dalla manualità alla tecnologia nel mondo del lavoro, che lo ha portato a visitare oltre 30 Paesi per 6 anni. Proprio al termine di uno dei suoi innumerevoli viaggi, dopo aver assistito al genocidio in Ruanda, decide di mettere fine alla sua carriera di fotografo.
Il racconto della società attraverso la Street photography
Un altro artista ad aver influenzato enormemente la storia per immagini del Novecento è Walker Evans. Capace di mostrare attraverso i ritratti di volti comuni l’impatto della Grande Depressione sulla popolazione, il suo animo da reporter ha contribuito alla rappresentazione di una parte di America che sarebbe stata altrimenti difficile anche solo da immaginare.
“Osservare. È il modo di educare il tuo occhio e altro ancora.
Walker Evans
Osservare, curiosare, ascoltare, ascoltare di nascosto.
Morire conoscendo qualcosa.
Non si vive a lungo.”
A percorrere una strada dalle simili intenzioni oggi è Lee Jaffries. Nato e cresciuto a Manchester, nel Regno Unito, decide di abbandonare la carriera da contabile per diventare un “fotografo spirituale”, con l’impegno di fissare su immagine i volti della gente di strada. Il suo approccio ha un obiettivo principe: non solo immortalare i suoi soggetti, ma conoscerne la storia e il passato.
“L’emozione è negli occhi”
Lee Jeffries
I suoi ritratti in bianco e nero, spesso caratterizzati da un unico soggetto per volta, rappresentano per lui anche uno strumento per dare spazio chi vive in una condizione di disagio o chi è dimenticato dalla società e permettergli di ritrovare la sua vera identità.
“I’m a Visual Storyteller Not a Photojournalist”
Steve McCurry
Tra i fotografi di viaggio di maggiore rilievo non possiamo non citare l’opera di Steve McCurry, che ha rappresentato un’incredibile svolta nella fotografia contemporanea. L’attenta ricerca dei colori e la scelta dei soggetti da ritrarre sono frutto della sua capacità di racchiudere in un unico scatto la bellezza e il dolore in maniera perfettamente riuscita. “Ragazza afghana”, la fotografia simbolo della sua maestria, ne è la prova.